Vivisezione: Scienza O follia?
Si crocifigge un cane per studiare la durata dell’agonia di Cristo. Si squarta una cagna gravida per osservare l’istinto materno sotto il dolore intenso. Una équipe di cosiddetti scienziati paralizza un branco di gatti, sega via la volta cranica e stuzzica il cervello mentre le bestiole non anestetizzate sono costrette a inalare varie concentrazioni di anidride carbonica, e alla fine si ha la riprova di quanto già si sapeva da anni: che esiste una correlazione tra la concentrazione dell’anidride carbonica nel sangue e gli squilibri nervosi. Altri ricercatori immergono in acqua bollente 15.000 animali diversi, poi somministrano a metà di essi un estratto epatico di cui sono note da tempo le proprietà terapeutiche in caso di shock. Com’era da aspettarsi, gli animali trattati col farmaco agonizzano più a lungo degli altri.
Si costringono dei cani a bere soltanto alcool puro per oltre un anno, per ottenere «la prova scientifica» che l’abuso di alcool è nocivo. Migliaia di topi, conigli e cani, per lo più tracheotomizzati, vengono costretti a fumare sigarette per mesi e anni, e naturalmente molti muoiono: ma gli sperimentatori subito avvertono che non è possibile alcuna trasmissione di dati validi all’uomo.
Due medici universitari somministrano a 12 gatti, ognuno rinchiuso in una scatola, scosse elettriche convulsivanti, distanziate in modo da permettergli di riprendersi dalla convulsione precedente. I 7 gatti che sopravvivono hanno dovuto sopportare 95 di tali scosse, gli altri 5 muoiono prima della fine dell’esperimento. Lo scopo? I medici dichiarano che fino allora non esistevano registrazioni precise delle onde cerebrali di un gatto in preda a convulsioni.
Vari cani beagles, noti per la loro indole mite e affettuosa, vengono tormentati da una coppia di scienziati finché, impazziti di dolore, cominciano ad aggredirsi a vicenda. I due scienziati volevano «studiare la delinquenza minorile».
Un noto fisiologo introduce soluzioni di pietra infernale nella mascella dei gatti per ottenere necrosi suppurative, li lascia in questo stato per mesi e mesi, dopodiché annuncia che essi non possono masticare se non tra atroci spasimi. Un altro luminare scopre nientemeno che versando acqua bollente su di un gatto «questo diventava molto irrequieto ed emetteva miagolii». Fatti unici? Casi limite? Magari!
Da uomini con tanto di laurea, giorno per giorno milioni di animali indifesi — soprattutto cani, gatti, conigli, cavie, topi, scimmie, maiali, ma anche cavalli, asini, capre, uccelli e perfino pesci — immobilizzati e imbavagliati e spesso con le corde vocali recise, vengono lentamente accecati con acidi, avvelenati a piccole dosi, sottoposti a soffocazione intermittente, infettati con morbi mortali, sventrati, eviscerati, segati, bolliti, arrostiti vivi, congelati per essere riportati in vita e ricongelati, lasciati morire di fame o di sete, molto spesso dopo che sono state resecate parzialmente o totalmente le glandole surrenali o l’ipofisi o il pancreas o dopo sezione del midollo spinale. In un solo cervello si conficcano fino a 150 elettrodi o vi si iniettano vari acidi o se ne asportano parti. Le ossa vengono spezzate una a una, i testicoli vengono schiacciati a martellate, si lega l’uretra, vengono recise le zampe, estirpati trapiantati vari organi, si mettono a nudo i nervi, si procede allo smidollamento della spina dorsale mediante sonde di metallo vengono cuciti gli sbocchi naturali «per vedere che cosa succede», poi vengono attentamente osservate le sofferenze, che possono durare settimane, mesi, anni, finché non sopraggiunge la morte liberatrice, che per la stragrande maggioranza di queste creature sarà l’unica anestesia che avranno mai conosciuto.
Spesso però non vengono lasciati in pace nemmeno allora: risuscitati — miracolo della scienza! — vengono sottoposti a nuovi cicli di martiri. Si sono visti cani impazziti dalle sofferenze che divoravano le proprie zampe, gatti le cui convulsioni li scagliavano contro le pareti delle gabbie finché venivano colti da collasso, scimmie che si avventavano le une sulle altre mordendosi a vicenda in seguito a iniezioni di varie sostanze nel cervello.
Si tratta di casi riferiti con tutta naturalezza dagli stessi «ricercatori» sulle riviste medico-scientifiche, tra cui l’inglese The Lancet («Il bisturi»), la più autorevole di tutte.